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Edizione provinciale di Pordenone


I PROTAGONISTI - Stefano Della Bianca, il combattente gigante

La trasferta a Calvisano, le mattinate da baby-sitter a Matilde, quelle amicizie vere che il calcio sa creare... "Spero di aver davanti a me ancora 5 anni di carriera". Il sogno? Potersi allenare per una settimana con la Juventus


Dopo un ricovero ospedaliero al Santa Maria degli Angeli di Pordenone, per tre fratture non operate, una alla mandibola e una doppia scomposta alla parete orbitale, cose che succedono di solito ai motociclisti, di ritorno da Calvisano a Stefano Della Bianca, la torre buona del Lumignacco, rimane non il dolore, ma la delusione: “Dopo un mese e mezzo di allenamenti ulteriori la stagione regolare, dopo aver sostenuto trasferte onerose da tutti i punti di vista e aver combattuto alla pari per 210’ con il Calvina Sport, neo promosso in D, uscire in questa maniera è la peggior sconfitta possibile. Sono avvenute in area avversaria almeno quattro occasioni dubbie non sanzionate, tra cui un intervento al limite di un difensore, un evidente fallo di mani e dei contatti irregolari. Mentre a parti invertite, nell’unica occasione di contrasto in area nostra, siamo stati puniti e da subito col rigore. In più abbiamo subito un’espulsione. Le mie parole potrebbero essere di parte, ma ciò che non si possono contestare sono le immagini della partita, che confermano il susseguirsi di errori e leggerezze arbitrali. Non credo che ci sia stata mala fede, ma siamo usciti dal campo con dei forti dubbi sull’operato arbitrale. E l’Imperia, battuta nel turno precedente, farà richiesta di ripescaggio”.

Si sente a pieno la delusione di Stefano, che a 35 anni e dopo un paio di vite trascorse nei campi di calcio, rimane ancora un punto fermo del calcio interregionale. Cresciuto nel Pramaggiore, sua città natale, presto passato al Calcio Conegliano, dove è stato allenato tra gli altri dal maestro Petrin, a cui deve molto, ha esordito in Prima Squadra nel paese natale per poi trascorrere dodici anni tra le Furie Rosse di Tamai e il Concordia Sagittaria, prima di passare allo Jesolo, al Montebelluna, al Vittorio Veneto, al Cjarlins Muzane, al Chions e quindi al Lumignacco.

In questi lunghi trascorsi ricorda gli allenatori Andretta, Ton e Barel, e i compagni Bompan, Arcaba, Dorattiotto, Giro, Peresson, Petris, Villotta, Cervesato, una schiera di ottimi dilettanti che durante la sua cerimonia di matrimonio con Lucia hanno presenziato con almeno tre formazioni schierabili nei più alti campionati dilettantistici, con ottimi risultati, probabilmente.

Le amicizie strette nel mondo calcistico sono state il valore aggiunto di praticare questo sport. In questo lungo girovagare tra Veneto e Friuli, perché vivendo in un paese di confine ho potuto giocare in entrambe le regioni, sono stato apprezzato e criticato da molte persone, per via del mio modo di giocare non propriamente elegante, essendo altro due metri e avendo una stazza conseguente, e perché in campo sono un combattente, spesso sottoposto alle angherie dei difensore e alle pressioni del gol. Da persona che lavora per la squadra sono più contento di vincere che di segnare e perdere, rispondere in campo alle critiche fa parte del mio mestiere, perché le parole sono giocate senza peso, e in quasi vent’anni di carriera credo di esserci riuscito. Ho segnato 264 gol, alcuni decisivi come quelli che ci hanno permesso di salire in Serie D col Concordia, altri molto belli come quelli segnati a Montebelluna e Tamai. Non ho rimpianti, non ho mai giocato tra i professionisti pur avendo avuto le opportunità di Portogruaro e Sacilese in Serie C, ma ho valutato che non ne valesse la pena. In primis non ero proprietario del mio cartellino, poi i minutaggi legati ai fuoriquota mi avrebbero chiuso alcune porte e in fondo sono sempre stato una persona legata al territorio, ai miei amici, alla mia famiglia e a mia sorella. Tutt’al più ora che sono da un anno sono padre di Matilde, alla quale la mattina faccio con piacere da baby-sitter. Lei ha rivoluzionato le priorità della mia vita, dando maggior valore ai sacrifici che faccio per lo sport e nella vita”.

Ispirato da Van Basten e da Del Piero, reduce da una stagione più che positiva, Stefano ci ricorda col suo piglio di uomo generoso che davanti a sé spera di avere ancora almeno cinque anni da protagonista. In ogni caso non rimarrà troppo distante dal mondo calcistico, nel quale ha mantenuto legami importanti, che ama e di cui conosce le dinamiche schizofreniche, dove basta un bel gol per venir lanciati con titoloni da prima pagina e un paio di domeniche a digiuno per essere dimenticati.
Scherzando, ma nemmeno troppo, ci lascia con l’unico desiderio inespresso, la squadra sognata in cui non è riuscito a giocare. Potrebbe venire in mente il Fontanafredda, il Pordenone, la Sacilese, invece Stefano ci dice: “Mi sarebbe piaciuto allenarmi almeno una settimana con la Juventus”.
Di fianco ad Alessandro Del Piero, lì davanti nell’area avversaria dello Juventus Stadium, a nostro avviso il Della non avrebbero per nulla sfigurato.

L.G.

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  Scritto da La Redazione il 12/06/2018
 

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