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Edizione provinciale di Tolmezzo


L'INTERVISTA - Franco D'Agaro, l'allenatore dal palato fine

Calciatore e mister, l'ex timoniere della Val del Lago si racconta e dice la sua sul Carnico e sul calcio italiano

Abbiamo intervistato l'allenatore Franco D'Agaro.
Che si racconta: "Sono nato a udine il 20 aprile del '73 da mamma Gabriella e papà Leandro, due carnici doc. Mamma è di Rigolato, papà è nato a Ludaria, frazione di Rigolato. Ho due sorelle più grandi, Patrizia e Paola, e un figlio sedicenne. La mia passione calcistica inizia, credo, nella pancia di mia mamma. Appena riesco a camminare sono sempre con una palla al piede. La vera vita sportiva comincia  a sei anni al Bearzi, dove svolgo l'intera trafila del settore giovanile, arrivando fino in prima squadra, che all'epoca  approdo quindi alla Prima squadra che all’epoca militava in Seconda categoria. Al tempo non esistevano i “fuori quota” d'obbligo, perciò giocavo sia il sabato, con gli juniores, che la domenica con la Prima squadra. Ho dei ricordi molto belli di quel periodo di settore giovanile dove i Mmster erano anche degli educatori e non davano grande importanza alla preparazione fisica. Qualche giro di campo poteva bastare ma doveva essere massima la padronanza nel trattare la palla. Sono stato molto fortunato a incontrare educatori calcistici, e non, che mi hanno fatto crescere sano e in equilibrio. Quella volta il risultato non contava più di tanto, la crescita personale era il valore aggiunto. Ho avuto alcune possibilità di cambiare squadra. La prima volta quando ho fatto un provino per il Torino, categoria allievi; la seconda quando l’Udinese mi contattò per la categoria Berretti, ma non ci furono sviluppi. Infine, c’è stato un interessamento del Pozzuolo, che in quegli anni era in Prima categoria, approdando di lì a qualche stagione in serie D. Successivamente ebbi un contatto con la Pro Fagagna senza esito. Nel 1998, invece, mentre  giocavo in Promozione nel Bearzi Colugna ho avuto un grosso problema di salute che mi ha tenuto lontano dal campo per un anno con la possibilità di non tornare più a giocare a livello agonistico. E allora scelsi di provare ad allenare. Mi iscrissi al corso l'anno successivo conseguendo il patentino e andando subito a mettermi alla prova nel settore giovanile del Tricesimo; con gli Esordienti vinsi un titolo provinciale. Nel mentre mi contattarono i dirigenti del Campagnola di Gemona e mi chiesero di partecipare al campionato Carnico. Accettai e dal 2002 al 2006 giocai lì, vincendo una coppa Carnia (2005) e un campionato (2003). La mia carriera agonistica si chiuse nel 2007 col Tricesimo (Eccellenza) di mister Peressotti. Continuai, però, la” missione” di allenatore sempre nel settore giovanile azzurro e facendo  “il secondo” in Prima squadra di Johnny Pivetta. Dopo numerosi anni di settore giovanile, e toccate tutte le categorie, decisi di provare l'avventura delle prime squadre approdando nel Varmo, all'epoca in Prima. L'esperienza, purtroppo, si concluse dopo breve tempo con un esonero. L’anno successivo subentrai, a campionato in corso, nella direzione della Castionese. Seguì il Pagnacco, con rapporto conclusosi anzitempo,  gli Juniores dell'Ancona e la sua Prima squadra (dopo l'esonero di ben due allenatori), raggiungendo un’insperata salvezza. La riconferma però mi premiò e con rammarico decisi di ritirarmi da quel mondo del calcio che probabilmente non faceva più per me. Sembrava finita invece su impulso dell’amico Daniele Candido venni in contatto con la realtà della Val del Lago. Una telefonata del capitano Daniele Rossi, un colloquio con il ds Luciano Cucchiaro e il presidente Dario Fior suggellarono l’idillio. Mi conquistarono, da subito, per la loro semplicità. L’obiettivo dei “lacustri” era una tranquilla salvezza. Accettai molto volentieri e, non senza difficoltà, è arrivata la vittoria della coppa Carnia, della supercoppa e un quinto posto in classifica".

Quest'anno non alleni: come mai?


"Al momento sono fermo. Mi sarebbe piaciuto continuare il rapporto con la Val del Lago perché ero convinto, e lo sono tutt'ora, che si poteva, con qualche piccolo assestamento, ambire a un traguardo diverso dalla solita salvezza: almeno sul podio, anche se il Cavazzo sembra davvero irraggiungibile. Le idee tra me e la dirigenza erano diverse e dopo un lungo tira e molla mi sono dimesso. Durante questo lungo tira e molla c'è stato il contatto con il Cavazzo: nel momento in cui avevo deciso per dire di sì, i dirigenti del Cavazzo avevano già trovato il nuovo mister. Dunque, sono rimasto senza panchina".

Qual è la tua opinione sul campionato Carnico e su questo inizio di stagione?

"Il carnico è un gran bel campionato ma negli ultimi anni sta perdendo di qualità. Su quanto emerso in questo primo scorcio di annata non esprimo giudizi e commenti perché non ho visto tutte le squadre. Posso immaginare che davanti ci sarà uno scontro tra Cavazzo, Mobilieri Sutrio e Villa Santina, anche se con qualche possibile inserimento a sorpresa ai vertici della Prima. Per quanto riguarda la mia ex squadra, che seguo con piacere, le auguro di tirarsi fuori al più presto da quella posizione di classifica, facendo un grosso “in bocca al lupo” all’allenatore Igor Cucchiaro".

D'Agaro mister che modulo tattico predilige?

"E' il 4-4-2, il più semplice da spiegare e da mettere in campo. Poi, ai fini del risultato, lo regolo sulla base della disponibilità, della qualità di gioco e dei ragazzi a disposizione".

Con l'Am Rigolato hai vinto il campionato amatoriale del 2017...

"Essendo carnico doc non avrei potuto non militare nella squadra del paese. C'era stato un primo approccio quando la squadra giocava in Prima categoria. Ma la distanza dal mio domicilio rendeva la mia partecipazione proibitiva. Appena saputo dell'iniziativa degli Amatori ho accettato volentieri dando il mio contributo seppur a singhiozzo in ragione degli altri impegni. E’ un piacere giocare per il mio paese di origine con tanti amici e giocatori di valore. Siamo un bel gruppo, in campo e fuori. Questo valore in più ci ha portato a vincere il campionato appena trascorso. Ed è stata una bella soddisfazione. Vincere è sempre un grande traguardo e i complimenti vanno estesi a tutti, in special modo a quelli che lavorano “dietro le quinte” e organizzano al meglio l’attività".

Quali sono, calcisticamente parlando, i pregi e i difetti principali di Franco D'Agaro? 

"Il mio peggior difetto è che parlo troppo rendendomi purtroppo antipatico; il pregio è che ho sempre giocato in semplicità a due tocchi. Come allenatore? Non so darti una risposta. Sarebbe utile chiederlo ai tanti ragazzi che ho allenato".

Qual è lo stato di salute del calcio Carnico?

"E' piuttosto in sofferenza. D’altronde i paesi si stanno spopolando per il problema del lavoro; molti scendono a valle e ci sono sempre meno ragazzi che rimpolpano le società sportive, soprattutto calcistiche. A cagione di ciò tanti gruppi e società vanno in difficoltà. A Rigolato è successo questo. Dopo anni di difficoltà hanno dovuto alzare bandiera bianca. Dispiace!".

Da esperto del ramo avresti qualche suggerimento utile per rilanciare il calcio italiano?

"Il calcio italiano è per me, come si suol dire, alla frutta. Si potrebbe discutere per ore ma, in breve, il mio modesto parere è che bisogna tornare a lavorare molto bene a livello del settore giovanile: dai primi calci fino agli esordienti, investendo in allenatori preparati e competenti che sappiano insegnare con la dovuta preparazione. Si dovrebbero effettuare delle selezioni particolari per queste categorie dove avviene sia lo sviluppo tecnico che fisico. Le società hanno una grossa responsabilità in questo e non dovrebbero pensare solo a vincere e alla classifica ma alla crescita dei ragazzi. I genitori dovrebbero lasciare che i propri figli facciano le loro esperienze. Come facciamo a parlare di campionato italiano se in campo in quasi tutte le società ci sono, si e no, 1 o 2 giocatori della nostra nazione? A mio avviso bisognerebbe mettere la regola di massimo 3 stranieri, così da dare spazio ai nostri talenti". 

Per quale squadra tifa Franco D'Agaro. E che cosa ne pensa della mancata qualificazione dell'Italia al Mondiale in Russia?

"Tifo da buon friulano palpito per l’Udinese e simpatizzo per il Milan, del quale mi sono innamorato negli anni degli olandesi, in primis Gullit e Van Basten. Tutti si sono meravigliati del modo in cui la Nazionale non si è qualificata ai Mondiali. Con le premesse di cui parlavo prima per me era ed è scontato, normale. Non ci sono più giocatori forti come una volta: Maldini, Costacurta, Baresi…, ops: si nota che tifo Milan? E allora aggiungo Baggio, Gentile, Scirea, Conti, Totti… Di conseguenza se non si torna a dare valore ai nostri giocatori italiani la situazione peggiorerà di sicuro e il futuro della Nazionale sarà legato al tipo di lavoro di base che si farà nelle “giovanili”.

Pugaccio

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  Scritto da La Redazione il 25/06/2018
 

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