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Edizione provinciale di Trieste


AI RAGGI X - Il dottor Martin, il Sistiana, l'Udinese e i... genitori

A Visogliano la visita dello psicologo e psicoterapeuta bianconero. Sfida tra Giovanissimi, sotto gli occhi di Angelo Trevisan



L'Udinese ha fatto il secondo scalo nell'impianto di Visogliano, la casa di quel Sistiana Sesljan che è uno dei centri di formazione facenti capo al club bianconero con la speranza di allargare il suo raggio d'azione sul carso. Il programma ha previsto un allenamento sul campo per i Pulcini, una partita tra le due squadre Giovanissimi dei delfini gialloblù (in modo da valutare una prima volta chi sarà protagonista di un test a gennaio a Udine) nonché una “lezione” del dottor Martin ai genitori triestini che sono riusciti a presenziare.

Così Angelo Trevisan, responsabile del settore giovanile dell'Udinese: “Ci tengo molto e per noi è molto importante questo tipo di formazione. L'Udinese è una Spa e non un'associazione senza fine di lucro, paga gli allenatore e vuole i risultati a fine anno come gli imprenditori. Basti pensare al passaggio delicato avvenuto nella nostra prima squadra. Sono molto contento che il dottor Ennio Martin collabori con noi così come Stefano Daniel (responsabile motorio, ndr) che tra l'altro mi ha parlato bene del Sistiana e l'ho potuto constatare personalmente. Tutti noi lavoriamo con il cuore e chiediamo di farlo anche agli altri”.

Quindi la parola è andata proprio al Dottor Martin. “Sono uno psicologo e uno psicoterapeuta e da 10 – 12 anni anche uno psicologo sportivo, una cosa diversa rispetto allo psicologo normale. Si ha a che fare infatti con il giovane che entra nello sport e con il professionista affermato. Da quest'anno collaboro con l'Udinese, che vuole sviluppare l'argomento di come sta la mente dentro lo sport e vuole curare i rapporti tra una società sportiva e i genitori dei propri tesserati. Il dialogo tra queste due entità non è sempre semplice perchè spesso l'una si lamenta dell'altra. Perciò ci sono degli spazi da sviluppare per trovare dei punti di incontro. Lo sport è un polo di attrazione e nel suo ambito le passività si conciliano male. Lo sport è uno stimolo di intraprendenza e competitività, è un motivo di sfida con sé e con gli altri, ha una funzione di socializzazione. L'agonismo e la competitività devono restare entro forme corrette per quanto siano paralleli e soprattutto bisogna intervenire qualora i rapporti tra istruttori e giocatori non sono buoni, perchè altrimenti possono portare all'abbandono dello sport. Lo sport è un veicolo di valori positivi come l'amicizia e la correttezza e possiamo considerare tra questi anche la ricchezza e il conseguente benessere, ma pure di valori negativi come la violenza e il razzismo negli stadi. Lo sport praticato dai figli comporta altresì l'impegno da parte dei genitori affinchè li seguano nel loro percorso tra scuola e pratica sul campo. Lo sport forma il carattere offrendo vari stimoli e implica una variabile importante come la velocità. Va sviluppata nel tempo. L'esperienza sportiva è piacere e divertimento, ma fornisce l'insegnamento di prendere delle decisioni in velocità stratosferiche. Perciò contribuisce a sviluppare l'aspetto fisico e le capacità cognitive per prendere delle decisioni rapide. Dà emozioni e quelle negativa come la rabbia e la frustrazione non vanno strozzate”.

Perchè? “Se si gioca bene, naturalmente si è contenti, ma ad esempio quando si viene esclusi e non si gioca, si prova rabbia e si deve usarla per capire il perchè dell'esclusione. Lo sport non è solo un'esperienza ludica, è un concentrato di emozioni”.

E ancora: “Spesso si danno le cose per implicite e/o conosciute, ma spesso non lo sono e perciò è meglio dire dieci parole in più per rendere chiara la situazione. I genitori sono l'azionariato popolare delle società sportive, ci vogliono le giuste distanze e le giuste relazioni per far andare d'accordo queste due entità. Se non si dicono le cose precise, si creano delle distanze e si acuiscono le problematiche. E' utile aprire dei dibattiti sportivi per parlare delle aspettative sul futuro dei figli per evitare rabbia, attriti e polemiche. I genitori, dal canto loro, devono chiedersi quali sono le loro aspettative relativamente ai figli e se credono che abbiano un futuro, allora devono portarli in società sportive, che possono garantirglielo. Se invece puntano a una situazione tranquilla e di crescita normale, l'ambiente fornito da una realtà dilettantistica risponde ai loro desideri, fermo restando che l'operato di istruttori e genitori va sempre monitorato. Non bisogna sostituirsi all'identità dei figli, ma non sono neanche d'accordo con chi dice che i genitori devono restare a casa quando i figli sono al campo da gioco. E' giusto accompagnarli senza però fare pelo e contropelo. Si deve stimolare l'impegno a prescindere dal risultato della partita e dalla prestazione del proprio amato, ma non si deve amplificare il resto. E l'allenatore deve dare attenzione a tutti, non solo ai più bravi e ai più utili. E' la cosa peggiore uscire dai radar del tecnico e non essere visto da lui. L'allenatore deve rendere merito alla buona prestazione del suo giocatore e non istigare alla paura dell'errore perchè altrimenti si fa solo il compitino per evitare di incapparci e si avrà sempre dentro di sé il morbo della paura”.

E tra le altre dritte: “Non so se è giusto o meno una scuola per genitori, ma non è neanche da escludere. E le società devono aprire le porte ai genitori con degli incontri alla presenza degli allenatori per dar modo a questi di spiegarsi e gli incontri devono essere fatti per ciascuna squadra e non generali nell'ambito di tutti i genitori che gravitano in un club. Uno va fatto a inizio stagione, uno a metà annata per valutare l'andamento e uno a fine campionato. I confronti non sono inutili, ma servono per chiarire le attese e il perchè delle azioni. E va ricordato che i ragazzi si comportano in modo diverso quando sono in gruppo e quando sono da soli con i genitori”.

Massimo Laudani



 

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  Scritto da La Redazione il 16/11/2018
 

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