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Edizione provinciale di Udine


FEDERICO MINI - Inseguendo il sogno, nonostante tutto. "Grazie Brian!"

La storia del trequartista udinese, che a ottobre aveva deciso di lasciare il calcio. E che sabato, invece, è tornato a giocare da titolare e a segnare nonostante un ginocchio scassato...



Era praticamente finita l'avventura calcistica di Federico Mini, trequartista di talento del 1994. Lo scorso ottobre, infatti, l'attaccante del Brian aveva ormai deciso di gettare la spugna. Era andato, Federico, financo a Roma per cercare una risposta, una via d'uscita ai problemi di quel ginocchio martoriato, che non gli dava pace. Il consulto con un luminare in materia come il professor Pier Paolo Mariani, chirurgo ortopedico di fama - tanto per dirne una, tra le sue mani è finito un certo Francesco Totti -, era stato devastante: "Caro Federico, qui non ti resta che farti operare due volte, ti devo ricostruire il ginocchio" gli aveva detto, tenendo l'immancabile pipa in mano, Mariani. Un calvario si profilava, insomma, per chi è già finito sotto i ferri tre volte (due crociati e una pulizia al menisco) e si ritrova nuovamente messo all'angolo, anzi, praticamente ko. 
Ad accompagnare Federico a Roma è stato il preparatore atletico del Brian, il bravissimo Alessandro Toneatto, con cui ormai il legame è diventato profondo, qualcosa in più di un'amicizia. Oggi Federico Mini ricorda: "Il calcio è una sorta di seconda pelle, ma ormai avevo perso la speranza, la fiducia di venirne fuori. Ho anche pianto, non lo nascondo". 
E, invece, la storia non è finita. Non poteva finire così, e non lo poteva per diverse ragioni. Perché Federico è un ragazzo coraggioso, e quando si mette in testa qualcosa sa affrontare prove difficili e sacrifici. E perché al Brian ha trovato persone spettacolari, che lo hanno coccolato, sorretto, spronato, aiutato, guidato, spalleggiato: da Toneatto a mister Birtig, dai compagni di squadra al ds Berti, dai dirigenti alla triade Roma-Baccichetto-Chiandotto, anzi, meglio Zeno-Paolo-Franco. In questo Brian pulsa una sorta di follia contagiosa, la quale del resto ha permesso a un piccolo club di partire dalla Terza categoria per arrivare ai vertici dell'Eccellenza a dispetto di una piazza tiepida, se non ostile. Solo in un piccolo mondo così, con persone così, un Federico Mini avrebbe potuto intraprendere questa sfida contro la logica, la ragione, la prudenza, la convenienza, e affrontando i dubbi, la paura, le nebbie dell'incertezza, per compiere un passetto alla volta senza neanche ben sapere dove tutto ciò l'avrebbe potuto portare.
Ebbene, l'ha portato sabato a scendere in campo da titolare nel derby con il Lignano e a segnare il primo gol da un paio d'anni in qua, un grandissimo gol: "Che dedico ad Alessandro Toneatto, che è stato fondamentale per intraprendere questo percorso ancora in buona parte da compiere. In queste settimane ho affrontato i miei limiti, mi sono fatto guidare e consigliare, non ho mollato anche se è stata dura, dalle prime corsette a quei minuti giocati tremando con il Fiume Veneto, ai vari spezzoni di match. E non è finita, il ginocchio è sempre lì, piuttosto scassato, e non ho certo 90' nelle gambe tanto che sabato ho dovuto chiedere il cambio e sono uscito dal campo distrutto, in preda ai crampi. Però ci sono, e devo dire grazie al Brian, e gioco per il Brian, e sogno di poter dare una mano alla squadra, è il mio obiettivo, aiutare la squadra a provarci, perché siamo ancora in corsa per la serie D, per qualcosa di storico, di incredibile. Siamo tanto giovani, forse troppo, siamo però capaci di tutto".      
 
Federico Mini stava salutando quel pallone rincorso fin da piccolo, conosciuto e amato nei Rangers di Udine, nel settore giovanile dell'Udinese, al Pordenone e giocando con PrataLumignacco e addirittura per i maltesi del Saint Andrews, prima di approdare al Brian; lo stava per salutare non per scelta ma perché costrettovi. E, invece, eccolo giocare, segnare (un gol è sempre un gol), farsi tre volte alla settimana 95 chilometri di macchina per allenarsi, arrivando a Precenicco già spremuto da una giornata di lavoro. E sempre con quel ginocchio che andrebbe operato, che andrebbe tenuto a riposo e lontano dai rischi. Perchè? "Perché ero e sono rimasto un sognatore".  
Vai Federico, vai fin dove ti porta il tuo sogno, che è quello, in fondo, di tutti noi. 

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  Scritto da La Redazione il 13/02/2019
 

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