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Edizione provinciale di Udine


IL PERSONAGGIO - Favero lascia il calcio e si prepara ad allenare

Il centrocampista trentottenne appende le scarpette al chiodo dopo venti anni di onorata carriera: "Ho avuto la fortuna di giocare con dei totem del calcio friulano, ogni squadra mi ha lasciato qualcosa di positivo"


Venti anni sui campi da calcio del Friuli, con la sua grinta, il suo carattere ed il suo sinistro magico. Alberto Favero dice basta ed appende le scarpette al chiodo dopo una stagione interrotta bruscamente in cui vestiva la maglia del Flaibano. Stiamo parlando di una vera e propria icona del calcio regionale, che ha incantato le categorie dilettantistiche ed ha ben figurato anche tra i professionisti in quel di Pordenone e di Sacile. Una carriera iniziata a quattordici anni, dalle giovanili del Venezia con un maestro non solo di calcio ma anche di vita come Attilio Tesser che è riuscito a dare il via ad una carriera importante e con tante soddisfazioni. E' una decisione sofferta, come ci racconterà lui stesso, ma è pronto ad intraprendere una nuova pagina della sua vita calcistica e non.

IL RITIRO - "E' stato difficile prendere questa decisione ma mi hanno proposto una bellissima alternativa che è quella di diventare allenatore. Non posso dire dove andrò perchè ancora non è ufficiale, mi hanno detto di aspettare il nero su bianco, a giorni verrà fuori un comunicato. Intraprendo questa carriera da vice allenatore per imparare il più possibile, unitamente al corso di Coverciano".

LA CARRIERA - "Sono partito nel '94 andando nelle giovanili del Venezia con il mitico mister Tesser. Mi ha insegnato tantissimo e quegli anni con lui come maestro sono stati fondamentali. La prima squadra maggiore in cui ho militato è stato il Sevegliano in Serie D, dove arrivai come fuoriquota e facemmo un ottimo campionato arrivando quinti. E' stata una bellissima esperienza. Da lì passai al Pordenone in C2, ovviamente passare tra i professionisti fu una soddisfazione enorme per me. Purtroppo l'anno dopo "rimasi a piedi" a causa del fallimento del Pordenone e dovetti ripartire dall'Eccellenza, nello specifico da Manzano dove giocava mio fratello. Ero stufo della situazione post fallimentare e sono voluto tornare vicino casa. Al secondo anno vincemmo il campionato salendo in Serie D, fu un'emozione unica soprattutto perchè condivisa con mio fratello. In D però mi infortunai e retrocedemmo, decisi quindi di andare all'Itala San Marco, avventura molto breve perchè già a dicembre passai alla Sacilese. Fu la mia fortuna perchè rimasi per cinque anni fantastici in cui vincemmo anche il campionato di Serie D ed incontrai Stefano De Agostini che oltre ad essere un grande allenatore è una bravissima persona. Dopo questo lustro a Sacile iniziai a girare un po' di squadra tra le quali Kras, Maranese, due anni a Tricesimo e poi Flaibano. Ogni squadra mi ha lasciato qualcosa di positivo e le ringrazio tutte. Sono stato molto fortunato a giocare con alcuni totem del calcio friulano".

FUORIQUOTA - "A me l'esperienza da fuoriquota non è servita per nulla, anche perchè mi sono ritrovato a farne solo uno. Lo vedo come un obbligo a far giocare i giovani ma l'età media in generale è comunque bassissima quindi i giovani in ogni caso giocherebbero. In queste categorie ci si ritira molto presto un po' per mancanza di tempo ed un po' per mancanza di qualità, quindi è inutile affrettare la crescita di un giovane che troverebbe comunque spazio qualche anno dopo. E' una regola che va rivista".

CALCIO MODERNO - "Ho avuto la fortuna di aver giocato con gente molto importante e con squadre blasonate per il calcio friulano. Noto che purtroppo si va più verso una mancanza di amore verso questo sport, si mettono davanti altri interessi personali. Noi volevamo faticare perchè eravamo innamorati del calcio, ora invece i tempi sono diversi, non solo calcisticamente parlando. Ci sono tante distrazioni e tutti vogliono avere il piatto pronto, ci si chiede perchè si dovrebbe far fatica o perchè si dovrebbero sopportare tanti sacrifici. Viviamo in un mondo in cui si può avere tutto subito, ormai fare sacrifici è impensabile. Sono stato fortunato a vivere un altro calcio che mi ha insegnato tanto".

IL SINISTRO - "Sono stato un giocatore mediocre, ma ho avuto la fortuna di avere un buon piede soprattutto sui calci da fermo. Penso che la mia caratteristica principale era la personalità ed il carattere, che compensava qualche pecca a livello fisico e tattico. Mi sono sempre guadagnato la pagnotta in ogni categoria in cui ho giocato. Le punizioni sono state il mio forte e mi è sempre piaciuto calciarle, ho avuto tanti maestri. Il principale è stato sicuramente Daniele Pasa a Pordenone, mi fermavo a guardare come le calciava e penso di averle apprese al meglio. Vederlo all'opera era uno spettacolo".

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Friuli in Gol Lunedì -2020-06-15
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  Scritto da La Redazione il 15/06/2020
 

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