LND - Protocollo? No, non ci siamo
Diversi i presidenti di società contrari a ripartire con questi diktat imposti da persone che non sanno minimamente come funziona e come sono organizzate le vere società dilettantistiche. Quelle composte da volontari, operai, semplici impiegati e pensionati. O Roma cambia o non si può ripartire. Fra i presidenti serpeggia rabbia e delusione
L’uscita del protocollo per la ripresa del calcio dilettantistico e giovanile ha lasciato, a dir poco, attonite tutte le società. A parte la non obbligatorietà del tampone, rispetto alle precedenti linee guida di maggio, si fa prima a trovare le differenze nelle vignette della Settimana Enigmistica piuttosto che fa i due documenti. Ancora una volta elaborati da persone che di calcio dilettantistico ne sanno poco o addirittura nulla. O forse pensano che tutte abbiano la struttura, capacità economica e di personale delle società di serie D le quali potrebbero essere equiparate a delle piccole “aziende”.
Non è certo il caso del resto dei dilettanti, dall’Eccellenza alla Terza categoria dove spesso proprio l’apporto del pubblico in tribuna e, soprattutto ai chioschi, tiene a galla la baracca. Se poi per riprendere l’attività questi signori seduti a tavolino davanti ad un pc e senza mai aver visionato i campetti di periferia, vogliono imporre certe linee guida inapplicabili, siamo messi davvero male.
Senza entrare nello specifico, i presidenti lo avranno letto, ci sono degli elementi ostativi molto difficili da superare. Per fare qualche esempio, la misurazione della temperatura a tutti coloro che entrano nell’impianto sportivo, ogni giorno, allenamenti e partite, ricevere autodichiarazioni con cui si rischia il penale solo mettendo una crocetta se non si è sicuri al 100 per cento, sanificare ad ogni cambio squadra gli spogliatoi (se gli allenamenti iniziano alle 17, termineranno così a mezzanotte), le attrezzature e magari fuori piove e dopo due minuti s’infangano, e così via.
Per non parlare poi degli arrivi contingentati delle squadre alle partite, tanto che ci vuole un guardiano a scaglionare gli ingressi. E questi signori di Roma parlano di aree di sosta dei pullman. Ma siamo seri, nella maggior parte i dilettanti arrivano con la propria auto e quelli di casa anche in bicicletta.
Anche la procedura di consegna delle liste gara all’arbitro è stata rivista, guai ad entrare nel loro spogliatoio, si rischia la corte marziale. I documenti vanno appoggiati su un tavolino fuori della porta, venendo così a cadere la contestuale firma del dirigente davanti agli arbitri. E dove lo spogliatoio comunica direttamente con l’esterno e magari piove? A questo ovviamente le menti superiori non hanno pensato, tanto per loro tutti hanno stadi da serie D.
Chiudiamo ricordando che è raccomandata la presenza del medico sociale o, se questo non esiste (molti i casi) va nominato un dirigente che avrà il compito, ovviamente responsabilizzato, di verificare le autodichiarazioni, i certificati medici, curare il registro delle presenze, collaborare con il gestore dell’impianto per le valutazioni del rischio, ed operare con un medico di riferimento che dovrà essere sempre raggiungibile e aggiornato sulla situazione. Ma chi si sobbarca un simile gravoso onere? E un medico così disposto dove lo troviamo, nell’ovetto Kinder? E al di sopra c’è il presidente responsabile di tutto.
Ma questi lor signori sanno come funziona una società dilettantistica? Siamo certi proprio di no.
In questi giorni vari messaggi fra presidenti fanno capire tutto il loro malcontento e un probabile secco no a ripartire in questi assurde condizioni. Alla Federcalcio le orecchie cominciano a fischiare, e parecchio.
LND - Riparte l'attività. Il documento
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