CHIARBOLA - Campaner: voglio arrivare in Serie D
Il tecnico biancazzurro, medico nella vita di tutti i giorni, è soddisfatto delle condizioni della propria squadra ed aggiunge: "Mi piace portare ogni calciatore alla massima espressione del proprio potenziale e per far ciò, organizzo allenamenti basati sull'intensità"
Mario Campaner è l'allenatore della prima squadra del Chiarbola/Ponziana (Eccellenza) sul piano sportivo, mentre nella vita quotidiana è un dottore.
Mister, che ne pensi della ripresa del campionato?
“Pur essendo un medico e vivendo in prima persona l'enorme pressione portata sul sistema sanitario, io sono favorevole alla ripresa. Non mi pare, che la sospensione dell'attività sportiva avvenuta a fine ottobre abbia influito sulla curva dei contagi. E ricordiamoci che lo sport fortifica il sistema immunitario e migliora la salute in genere. I danni di 2-3 anni di inattività si manifesterebbero con gli interessi fra 10-20 anni su tutta la popolazione. Mi auguro la diffusione dei test rapidi con corsi di formazione per i non sanitari. Se la pandemia dovesse protrarsi, dobbiamo trovare il modo di conviverci. Credetemi, la sofferenza psicologica sta dilagando in tutte le classi sociali e fasce d'età”.
E lo stato di salute del Chiarbola/Ponziana quale è?
“Posso solo ringraziare il Presidente Nordici e la sua vice Veronica Manosperti per l'occasione che mi hanno dato nell'estate del 2019. Sono convinto che il Chiarbola/Ponziana manterrà la barra dritta anche in questa tempesta, questo proprio per la qualità delle persone che lo compongono. Dal custode Toni ai nostri ragazzi siamo sempre in 15-20 (divisi in gruppetti) nelle nostre giornate di allenamenti individuali”.
Quale è il calcio del tecnico Campaner?
“Il mio calcio è centrato sul giocatore o meglio sulla persona. Io voglio portare le persone alla massima espressione del loro potenziale. La frase, che più mi gratifica, è “quel ragazzo non aveva mai giocato su questo livello”. Per farlo le vie sono molteplici, ovvero tecnica, tattica individuale ma anche consapevolezza di sé, nutrizione, essere felici dentro e fuori dal campo. Poi è chiaro, che mi piace la squadra molto organizzata, che sa pressare altissima o che sa difendersi in un blocco basso senza soffire, che sa giocare da dietro, ma quando serve, sa cambiare registro. Mi piacciono gli allenamenti fatti con intensità e che, soprattutto, servono a migliorare il singolo o il collettivo. Nei professionisti ho visto molti lavorare solo per farsi dire “che bell'allenamento” dal responsabile di turno. Non fa parte del mio carattere”.
Quale è il tuo obiettivo come allenatore?
“Il mio sogno è allenare in serie D, un giorno sono certo ne avrò l'occasione, magari vincendo un campionato di Eccellenza. La quarta serie è un campionato che conosco bene, sono stato un anno in panchina come medico a Valdagno e poi per due anni ho fatto da scout in categoria per Luca Piazzi. Ho seguito con attenzione il lavoro di due maestri come Andreucci e Zironelli, agli antipodi ma ugualmente vincenti. Il mio sogno è misurarmi sul loro livello”.
Ti senti un po' triestino?
“Non lo so più nemmeno io se sono veneto o triestino! Della mia zona amo la cultura del lavoro, la passione per le cose fatte bene. Ma i triestini hanno una marcia in più su come viversi la vita, una leggerezza e un gusto per i piccoli piaceri che tutti noi dovremmo imparare. Mi piacerebbe riuscire a trasmettere entrambe le cose ai miei figli”.
Massimo Laudani