L'EVENTO - Una vita in arancione. Sabot: serata fantastica
La serata dedicata alla prima proiezione del documentario sulla bandiera della Manzanese si è svolta alla presenza di un folto pubblico e di tante figure di spicco, tra cui anche Bruno Pizzul: "Gianfranco un amico. Bella serata, ricca di ricordi che ci hanno fatto tornare indietro nel tempo"
Grande serata di sport venerdi sera a Manzano. Nell’aula magna delle Scuole Medie, gremita di persone, è stato proiettato il documentario “Gianfranco Sabot – Una vita in arancione”, in onore di uno dei calciatori più rappresentativi nella storia della Manzanese. Gianfranco Sabot, prima come calciatore e poi come allenatore nel settore giovanile, non ha mai tradito l’unico colore della sua storia sportiva, l’arancione della Manzanese. La serata, dopo l’introduzione del giornalista Edi Fabris, è iniziata con il saluto del Sindaco di Manzano, Piero Furlani, che ha consegnato a Sabot una targa ricordo. E’ stata poi la volta del regista del filmato, Maurizio Sartori, che ha raccontato come è nata, (dalla volontà di un gruppo di amici), e come poi si sia sviluppata l’idea di questo omaggio a Gianfraco Sabot.
Sono poi seguiti i riconoscimenti da parte di Ermes Canciani, presidente della F.I.G.C. regionale, di Marco Beltrame (che ha consegnato a Sabot un pallone con tutte le firme dei giocatori da lui allenati), di Gianni Tortolo (allenatore della Rappresentativa Regionale) e del pittore manzanese Renato Paoluzzi, che ha donato a Sabot un suo quadro.
Apoteosi finale con la canzone “Manzano và…”, cantata da Franco Coccolo, accompagnato alle tastiere da Ivan Maroello. Tutto il pubblico in piede a cantare l’inno che da decenni (è stata scritta alla fine degli anni ’30) accompagna le squadre di Manzano.
Al termine della serata il protagonista Gianfranco, per gli amici Gianfri, Sabot ha commentato l'evento: "Dire che la serata è stata bella, è un eufemismo. Non pensavo che riuscisse così perfettamente quando abbiamo iniziato a girare il documentario, ben due anni fa. La cosa più bella è stata la grande partecipazione, significa che è stata un'iniziativa molto sentita e questo mi fa enorme piacere. Il documentario mi ha ricordato gli anni addietro, quando giocavo nel campo "Gumini", nel nuovo impianto ho fatto solo l'allenatore. Vedendo le immagini mi sono emozionato tanto, fino alla commozione, ma anche ascoltando l'inno che è stato realizzato da noi giocatori. Dopo la partita ci si riuniva per mangiare tutti insieme ed abbiamo iniziato ad ideare il testo. In quegli anni si vinceva tanto e c'era spazio anche per cantare e per gioire. Non eravamo i migliori ma l'affiatamento del gruppo faceva la differenza, cosa che oggi si vede meno. Tornare a giocare con il Corno è un piacere, perchè la società originaria contro cui noi giocavamo si chiamava così, non Virtus. Purtroppo vederle in queste categorie fa malissimo, ma è inutile abbattersi, serve solo la voglia e la forza di rialzarsi, di reagire e di tornare dove meritiamo".
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