IL PERSONAGGIO - I segreti di Zanet, scopritore di talenti tra i pali
Anni di esperienza e studi approfonditi, grazie ai quali ha lanciato tanti portieri nel calcio che conta, poi il software da lui brevettato: “Calcolo diversi parametri, ma quello che conta è la voglia di imparare e migliorare”. Nella sua fucina nomi del calibro di Ivan Provedel dello Spezia, Matteo Carnelos dell’Udinese e Denis Franchi del PSG
Osservare e scovare giovani talenti è il lavoro di molti addetti ai lavori nel mondo del calcio, ma in pochi hanno raggiunto un livello tale di conoscenza da brevettare un software capace di elaborare una serie importante di dati e statistiche per valutare correttamente gli estremi difensori del futuro. Parliamo di Renzo Zanet, storico preparatore dei "numero uno" che ha fatto le fortune delle squadre regionali, ma in generale di tutto il movimento calcistico italiano, scoprendo diversi portieri che sono diventati, o potranno farlo in futuro, calciatori saldamente ancorati alle massime serie del calcio mondiale. Il lungo lavoro prima all’Opitergina, poi al Prata Falchi, dove ha potuto allenare portieri del calibro di Ivan Provedel, ma anche di Carnelos dell’Udinese e di Franchi che ora è in forza nientemeno che al Paris Saint-Germain. Tutti scrupolosamente valutati, giudicati e scoperti da Zanet ed il suo software che ormai sono sinonimo di affidabilità e sicurezza nel trovare dei forti estremi difensori per il futuro: “Sono arrivato al Prata Falchi nel 2014 tramite Paolo Tonus. Precedentemente sono stato selezionatore per la Figc di Treviso per diciassette anni ed ho allenato fino ai Nazionali dilettanti in Interregionale. La mia vera passione è di seguire i portieri perché ho giocato in quel ruolo e mi è sempre piaciuto allenarli. Alleno dal 1974 e dal 2011 ho il brevetto per capire tutte le caratteristiche dei portieri ed aiuta molto per capire le attitudini e per valutarli. Mi avvalgo della tecnologia già dagli anni Ottanta, con le telecamere per seguire i portieri in ogni azione della partita ed ora con questo brevetto ho un programma automatico che calcola anche i millesimi di secondo per i tempi di reazione degli estremi difensori e dei grafici per la valutazione generale”.
Come vive questo momento in cui il Covid ha cambiato il mondo ed anche lo sport?
“Per i ragazzi è stato un vero dramma, perché molti si sono persi. Personalmente ho dovuto imparare a lavorare in autonomia perché la pandemia non mi permetteva di lavorare insieme ad alcuni ingegneri che mi aiutavano, quindi sono stato spronato nell’imparare ad adoperare personalmente i software e devo dire che ho sfruttato il momento di difficoltà per migliorare nel mio lavoro. Ovviamente è mancato vivere il campo e vedere i giovani giocare come al solito. Ci tengo a precisare che faccio tutto ciò solo ed unicamente per la passione che ho da anni, non per lavoro”.
Il movimento calcistico, soprattutto per quanto riguarda il dilettantismo, andrebbe riformato?
“Il calcio è in cambiamento continuo. Basti pensare alla tecnologia che aiuta gli arbitri a sbagliare meno, bisogna accettare gli errori e continuare a migliorare gli strumenti a disposizione. Non mi soffermo sulle riforme più profonde che riguardano la Federazione, penso più all’ambito del calcio giocato e dico che certamente il regolamento deve restare al passo con i tempi”.
Che significato hanno per lei i tanti riconoscimenti ricevuti dal Coni?
“Ricordo con affetto un premio che mi hanno assegnato qualche anno fa come scopritore di talenti, il premio “Piero Bortoletto”, e mi ha fatto molto piacere perché nel corso della mia carriera sono riuscito a dare un giudizio pertinente sui giovani che giudicavo. Sono riuscito a mandarne circa dodici tra i professionisti: ultimamente Ivan Provedel dello Spezia, che faceva l’attaccante ma ho visto un buon potenziale da portiere in lui, Matteo Carnelos dell’Udinese, Denis Franchi che è andato al Paris Saint-Germain, anche lui era attaccante, Davide Turchetto che è al Pordenone, Enrico Manente che era andato alla Triestina ma si è un po’ bloccato per la pandemia, Michele Sarri che è stato al Pordenone, alla Triestina, poi è andato in Portogallo e si è infortunato e adesso gioca, classe 2003. Mi soffermo su Franchi perché adesso è in una società importantissima, lo scoprii perché passò dall’Opitergina dove ho passato trent’anni e facendo vari test tra incroci sanguigni, riflessi e quant’altro ho capito che poteva diventare un ottimo portiere. Vedendo i dati l’ho segnalato ad un mio amico osservatore dell’Udinese e da lì si è aperta la sua carriera. Con tutti i portieri sopracitati ho potuto lavorare solo un anno, tranne con Manente che ho avuto per due, ma quando un portiere è forte e supera i test, si vede subito che hanno la stoffa”.
Attualmente cosa fa?
“Principalmente studio le partite e continuo a cercare nuovi talenti. Ultimamente parlavo con Ivan Provedel perché il gol che ha preso contro la Salernitana da ventisette metri, è stato un errore nel piazzamento della barriera. Personalmente penso che la barriera in quel caso andrebbe eliminata e mi sono un po’ arrabbiato quando ho visto questa decisione da parte sua. Per me il calcio è come una medicina e mi serve a tenermi sempre attivo”.
Qual è il suo giudizio sul Prata Falchi con la quale ha lavorato e sforna sempre giovani talenti?
“E’ una società che lavora con e per i giovani. Non trattiene chi merita categorie superiori e questo è un fattore importantissimo per lo sviluppo di nuovi talenti. Paolo Tonus ha grande passione, ho un bellissimo rapporto con lui ed il presidente Roberto Cigana è una persona serissima, stanno andando bene e faccio i miei complimenti”. (f.p.)
Fotocopertina: Renzo Zanet, qui sotto un primissimo piano con Paolo Tonus.
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