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Edizione provinciale di Udine


VI DICO LA MIA - E' ora di finirla di guardare il dito e non la luna

Caro lettore, genitore, addetto ai lavori o semplice appassionato, ti chiedo uno sforzo per leggere tutto l’articolo che è lungo ma non potevo proprio essere più conciso. Credimi, alla fine resterai sorpreso e mi auguro soddisfatto per i tanti spunti di riflessione offerti

Pochi giorni fa mi ha molto fatto riflettere un’affermazione di una giovane mamma che ha definito lo sport del calcio altamente diseducativo. Perché proprio il calcio? Immagino per l’ambiente spesso troppo esagitato che si viene a creare a bordo campo tra i genitori giustamente attenti e orgogliosi a seguire le gesta del proprio pargoletto che gioca con altri coetanei. Ahi! Mi sono già tradito! Ho appena scritto “con i propri coetanei” ma da semplice osservatore della realtà avrei dovuto scrivere “contro i propri coetanei”! E ancora si può dire veramente a “seguire”? Con rammarico, anzi raccapriccio, questa mi sembra più che altro solo una dichiarazione di intenti! Infatti non troverete sempre genitori intenti a “seguire” i propri figli ma a tifare spesso denigrando il gruppo squadra avversario e, in caso di sconfitta, perfino ad esprimere feroci critiche sull’operato dell’arbitro, della società o del mister non all’altezza di far apparire i propri giocatori almeno vincenti sugli avversari e, semmai, più bravi.
Due rapide considerazioni. Con i bimbi ha davvero senso parlare di sconfitta? Si pensi che la Federazione ha vietato di postare sui social i risultati delle gare! Poi, a proposito di arbitri, ricordo che nelle categorie dell’attività di base il Settore Giovanile Scolastico da anni ha imposto la regola dell’auto-arbitraggio proprio per contenere le intemperanze del pubblico. E che pubblico!

Guardate che a bordo campo tutti sanno di calcio più degli addetti ai lavori! Infatti praticamente quasi tutti i papà hanno praticato il calcio con “grandissimi e gloriosi” successi. Poi, vuoi per sfortuna, vuoi perché a casa non avevano tempo per portarli al campo, vuoi perché prendevano freddo giocando all’aperto, vuoi perché la famiglia si era disgregata perché uno e talvolta anche entrambi i genitori avevano iniziato a non fare più il proprio, a tradire, ad allontanarsi, vuoi perché… insomma, per colpe sicurissimamente da addebitare ad altri, questi futuri grandi giocatori hanno dovuto, loro malgrado, abbandonare il calcio e con esso molto spesso qualsiasi altro sport.
Ben si capisce così come mai l’educazione verso una corretta cultura sportiva sia rimasta purtroppo un discorso aperto, incomprensibile e sconosciuto ai più. Detto ciò bisognerebbe approfondire l’analisi sugli ambienti che contornano gli altri sport per capire quale potrebbero fregiarsi del titolo di essere più educativo rispetto ad un altro. 
nnanzitutto dovremmo trovare genitori assolutamente diversi da quelli appena descritti. Già, ma allora forse ogni ambiente sportivo avrebbe a che vedere con l’espressione di un certo specifico ceto sociale che quindi sarebbe in diretta relazione con lo sport preso in esame? La risposta è sì ma lo sapevamo da sempre anche se, al lato pratico, dovrebbe succedere quel che succedeva nei palazzi veneziani ai tempi del doge durante il Carnevale: qualsiasi villano, grazie alla maschera, poteva mescolarsi tra nobili e ricchi borghesi senza timore di essere schifato. La maschera stessa, la bauta dal naso molto esposto oltre la bocca, era pensata per poter banchettare senza essere tolta mantenendo così l’anonimato.
Ne deriva che se ci si veste in funzione dello sport che si pratica allora tutti uguali dentro il campo? Certo, però se uno diventa un campione cade qualsiasi veto sociali e si diventa idolo di tutti, ma se tale non diventa ecco che, molto probabilmente, da bordo campo, potrebbero partire quegli atteggiamenti discriminatori più volte stigmatizzati e allora addio Carnevale!
Come non prendere in considerazione poi i costi da sostenere? Esistono sport dai costi per così dire abbordabili come il calcio, altri riservati solo a chi se li può permettere, per esempio lo sci o il golf, la vela o l’equitazione. Ma voi davvero credete che negli ambienti più facoltosi i genitori siano più avveduti nei comportamenti, più compassati, meno esagitati e competitivi? Secondo me no e tutti gli sport pagano pegno alla stessa maniera! Infatti, non sarà certo questo o quello sport che fanno la differenza nell’educare, ma è la nostra natura, la nostra cultura, il nostro popolo che sportivo lo è poco e non lo sarà mai abbastanza!
Tutto questo di solito parte da bordo campo, dagli adulti, ovvero difficilmente dove si svolge il gioco vero e proprio. Chi si confronta infatti pensa ad altro, così come fanno i bambini: pensa a giocare.
Il calcio è lo sport nazionale italiano e raccoglie proprio tutti, maschi e femmine, ricchi e poveri, stranieri e non, belli e brutti, buoni e cattivi e chi più ne ha più ne metta. È la fotografia del nostro paese, quello che troviamo nel vivere quotidiano. Ogni giorno infatti ci può capitare di sentire, assistere o subire angherie, furti, soprusi, espressioni e azioni a sfondo razzistico, violenza sui più deboli siano essi anziani, bambini, disabili, donne, ecc. (notare che ho voluto metterli in ordine alfabetico per non suscitare fraintendimenti su chi viene prima e chi dopo), eppure evidentemente non ci scandalizziamo mai abbastanza dal momento che la sensazione è quella di cadere sempre più in basso. Certo che affermare che il calcio in particolare sia diseducativo denota, a mio avviso, tanta superficialità di giudizio mista ad ignoranza. Si pensi, ad esempio, che il calcio, credo sia l’unico sport, ma questo poco importa, che per regolamento impone, durante tutto il periodo che copre l’attività cosiddetta di base (5-12 anni), di accogliere chiunque e di farlo giocare sempre in ogni occasione e il più possibile.

Non mi addentro a parlare di altri sport perché potrei dire cose inesatte ma sul calcio mi sento sufficientemente preparato per discuterne. Allo stesso tempo credo anche che quello che affermano da sempre “le sacre scritture calcistiche”, ne sono certo, sia condiviso da qualsiasi altro tipo di sport. Quindi, dire che dalla prima infanzia all’adolescenza, una corretta attività fisica insieme ad un’equilibrata alimentazione, garantiscano il mantenimento di un peso corporeo adeguato, un corretto sviluppo di organi e apparati, una crescita armonica del corpo, la possibilità di prevenire importanti patologie, lo sviluppo della forza, agilità, resistenza e molto altro ancora, sia cosa comune a tutti gli sport.

Non solo, oltre alla sfera puramente fisica, l’attività motoria ha un ruolo determinante in termini psicologici, educativi e sociali. Nei bambini più piccoli, stare e giocare in mezzo agli altri insegna la socialità, la lealtà, l’amicizia, il rispetto delle regole e l’accettazione delle sconfitte: tutti aspetti fondamentali nel processo di crescita. Nei bambini più grandi, praticare attività fisica è un ottimo modo per sviluppare organizzazione, lavoro per obiettivi, cooperazione e spirito di gruppo. Ora ditemi voi chi meglio dello sport del calcio, capace di abbracciare davvero tutti, potrebbe meglio perseguire tutti questi obiettivi?

Siccome il calcio è uno sport, classificato di equilibrio, in grado di coinvolgere tutte le parti che compongono il nostro corpo chi meglio potrebbe, per esempio, apportare benefici al sistema nervoso e al cervello?

E ben noto che lo sviluppo e l’attività del sistema nervoso migliora con l’attività fisica. Il bambino impara col tempo la giusta contrazione volontaria dei muscoli e acquisisce una buona coordinazione, arrivando a un movimento fluido, pulito e armonico. Allo stesso tempo ciò incrementerà l’attenzione e la concentrazione, fattori fondamentali per l’apprendimento. Lo sapevate che diversi studi hanno osservato che i bambini e i ragazzi abituati al movimento ottengono migliori risultati in diverse discipline, tra cui matematica e test di intelligenza? Non solo, praticando attività motoria si producono endorfine, i cosiddetti “ormoni della felicità”, che inducono sensazione di tranquillità, rilassamento e benessere diffuso.

I benefici dell’attività fisica, come abbiamo visto, sono molteplici, eppure il tempo che i bambini dedicano al movimento è spesso inferiore alle loro necessità. Le abitudini frenetiche che ormai accompagnano gli adulti, vanno spesso a ricadere involontariamente anche sulle esigenze dei più piccoli: non sempre si ha tempo di portare il bambino al parco, di farlo incontrare con gli amichetti, di farlo correre e giocare all’aria aperta o di accompagnarlo presso un centro sportivo e, a volte, tv e videogiochi diventano una sorta di baby sitter per genitori indaffarati. La situazione sembra “aggravarsi” ulteriormente una volta raggiunta l’età scolare, quando gli impegni scolastici “obbligano” i bambini a stare molte ore seduti sui banchi di scuola e riducono ulteriormente il tempo dedicato allo svago.

In Italia, i bambini e le bambine di 8-9 anni in sovrappeso sono il 19% e con obesità il 9,8%, inclusi bambine e bambini con obesità grave che rappresentano il 2,6%. Sono i dati relativi al 2023 elaborati da OKkio alla SALUTE, il sistema di sorveglianza nazionale coordinato dal Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute (CNaPPS) dell’ISS.

Come invogliare quindi i bambini a fare attività fisica?

Il buon esempio dei genitori è fondamentale. Nel tempo libero, andate in bicicletta insieme oppure fate delle passeggiate all’aria aperta. Il processo imitativo, tipico dell'età evolutiva, porta i bambini ad osservare ciò che fanno i genitori e a riprodurlo.

Ecco qualche consiglio:

- abituate i vostri figli a muoversi fin da piccoli: diventerà per loro uno stile di vita quotidiano e una sana abitudine per crescere bene;

- dimostratevi attivi, energici, utilizzate parte della vostra giornata per praticare giochi di movimento o sport insieme a loro;

- fate conoscere loro diversi modi di muoversi, stimolando la loro curiosità e aiutandoli a sfruttare al meglio le tante energie che possiedono in questa fase della vita;

- diminuite gli orari dedicati a tv e videogiochi e aumenterete il tempo che i vostri figli dedicheranno al movimento.

Cara mamma di cui sopra, preoccupati di permettere al tuo o ai tuoi bambini di fare l'attività motoria che più preferisconouna cosa fatta con piacere aumenta la motivazione, il divertimento e la costanza con cui viene praticata. Tutti gli sport sono educativi e utili: è l’ambiente esterno che condiziona negativamente, ma questo vale per qualsiasi disciplina perché è la nostra società in generale ad essere malata. Allora anche la scuola e la sanità dove si registrano quotidianamente fatti di cronaca nera diventerebbero parti di società altamente diseducative!  

E voi, cari papà, non spingeteli troppo verso l'agonismo: il movimento deve essere uno stile di vita quotidiano, deve rappresentare una valvola di sfogo e un’alternativa ai doveri scolastici. L’attività fisica può prendere le forme di gioco libero, di camminate, corse in bicicletta, sport e molto altro ancora, ma è importante, non forzare troppo i bambini verso la competizione eccessiva e non riversate su di loro le vostre ambizioni personali come purtroppo noi “pallonari” troppo spesso vediamo fare girando i campi di calcio.

Inoltre il calcio è lo sport di squadra più popolare e praticato al mondo, ma non è solo questo. Giocare a calcio fa bene al corpo e alla mente. È una disciplina che, oltre a mantenerti in forma fisicamente, consente di sviluppare abilità come disciplina, empatia, spirito di sacrificio, capacità di comunicazione, leadership e lavoro di gruppo.

I compensi stellari dei giocatori professionisti fanno sognare una carriera sportiva accessibile a pochi talentuosi atleti, ma il gioco del calcio va ben oltre. Quindi mettere da parte l’agonismo permette di godersi un’attività ricreativa adatta non solo a bambini e bambine, ma anche agli adulti di ogni genere ed età.

Giocare a calcio porta con sé anche numerosi aspetti positivi dal punto di vista sociale, sia per i ragazzi che per gli adulti. Far parte di una squadra insegna i valori fondamentali dello sport quali la condivisione degli obiettivi, il rispetto per compagni e avversari, il rispetto per l’autorità di allenatori e arbitri, l’apprendimento e crescita personale dai propri errori.

Giocare a calcio significa anche saper far fronte alle sconfitte e assumersi le proprie responsabilità. Ma anche capire come le nostre azioni possano influenzare gli altri e gli obiettivi di squadra. Tutti questi aspetti consentono di creare legami forti con i propri compagni.

A voi genitori un altro consiglio: se incontrate problemi nel gestire le crisi emotive con conseguenti ricadute comportamentali dei vostri figli iniziate a prendere in seria considerazione le vostre emozioni che troppo spesso risultano alterate. Ricordate che i vostri figli vi guardano e quasi certamente verranno da voi contagiati negativamente sì da provocare in loro emozioni indesiderate, spesso incomprensibili e di conseguenza poco gestibili. Un errore da evitare consta nel puntare il dito sempre sui comportamenti sbagliati, quelli da riprendere e punire favorendo un clima sempre più pesante e tralasciando di rimarcare quelli corretti. Se a questo aggiungiamo le varie e spesso insensate conflittualità tra adulti che si generano sugli spalti vi posso assicurare che ciò non porterà niente di buono ai vostri bimbi.

Ci troviamo dinanzi ad una società che negli ultimi decenni è molto cambiata, basti pensare che le famiglie con prole oggi marcano di solito solo un figlio con tutte le implicazioni che questo comporta: maggiori attenzioni, investimenti affettivi e ansie concentrate su un unico individuo, conflittualità tra piccoli che, non trovando fratelli o sorelle in casa, verrà trasferita all’esterno e via discorrendo. Oggi troviamo persone in numero sempre maggiore che si attorniano di animali domestici accuditi come fossero figli veri e propri perché ci si sente carenti nell’offrire e nel ricevere amore e affetto.
Ora, per assurdo, proviamo ad immaginare una situazione di estremo pericolo in cui ipoteticamente vengano coinvolti il proprio animale domestico e un bimbo sconosciuto in cui si debba agire mettendo a rischio la propria vita; ebbene, solo il pensiero che possano esistere persone “civili” forse cristiane che rischierebbero la vita unicamente per salvare l’animale e non il bimbo, mi fa rabbrividire! Non solo, potrebbero addirittura esistere persone che potrebbero decidere in favore dell’uno o dell’altro in funzione della pelle o dell’etnia di provenienza! Il fatto di non poterlo escludere a priori è già di per sé un chiaro segnale di quanto siano cambiati i tempi, non vi pare?

In conclusione, signora giovane mamma, la esorto a riconsiderare il tutto e a non essere prevenuta perché il problema non può certo essere circoscritto al solo sport del calcio diseducativo, ma va esteso all’intera nostra società che, in questo particolare momento storico in cui le nuove generazioni hanno per la prima volta aspettative inferiori a quelle delle generazioni passate, avrebbe bisogno di grandi e robusti correttivi. Se fossi in lei inizierei con il calcio e poi aggiungerei tanti altri sport, addirittura uno al giorno e volendo anche diverso; quelli della mia generazione, i boomer, si muovevano tanto di più: ci arrampicavamo sugli alberi, sperimentavamo e inventavamo nuovi giochi, eravamo molto più liberi, sempre all’aperto con una palla che non mancava mai, a parte quando si bucava.     

Loris Garofalo

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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  Scritto da La Redazione il 02/12/2024
 

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