FOCUS - Walter all'Udinese: il futuro parla Usa, ma a che prezzo?
La cessione ai fondi apre nuovi scenari, ma la storia recente delle proprietà finanziarie nel calcio italiano è fatta più di ombre che di luci

La possibile acquisizione dell’Udinese da parte di Mark Walter e del fondo Guggenheim Partners rappresenta una svolta storica non solo per il club friulano, ma per tutto il calcio italiano, che continua a essere terra di conquista per capitali stranieri, spesso legati a logiche finanziarie più che sportive. La figura di Walter, con il suo curriculum da imprenditore di successo nel mondo dello sport statunitense, offre un’illusione rassicurante: quella di un modello sostenibile, moderno e vincente. Tuttavia, guardando al panorama italiano, il bilancio dei fondi d'investimento nel calcio non è ancora positivo.
I casi recenti parlano chiaro: fondi e investitori americani sono arrivati con grandi promesse, ma non sempre hanno mantenuto le aspettative. Il Milan, pur tornato a vincere uno scudetto sotto Elliott, è passato rapidamente di mano a RedBird, segno che anche per i fondi il calcio resta un asset da rivalutare più che da costruire. La Roma con Friedkin sta faticando a costruire un progetto stabile. La Fiorentina con Commisso, pur non essendo un fondo, ha alternato ambizioni e polemiche. E lo stesso vale per il Genoa, dove 777 Partners – oggi in gravi difficoltà – ha alimentato più interrogativi che certezze.
Il problema di fondo è questo: il calcio italiano, storicamente basato su una passione locale e su una cultura sportiva molto diversa da quella americana, non si presta facilmente a una gestione puramente finanziaria. I fondi cercano rendimento, crescita del valore dell’asset, visibilità globale. Ma il calcio è fatto anche di tempo, di identità, di risultati che non seguono sempre la razionalità di un bilancio. E soprattutto di tifosi, che non sono clienti ma parte integrante del progetto.
Nel caso dell’Udinese, il rischio è doppio: da un lato perdere un modello gestionale unico in Italia, fatto di competenza, scouting e sostenibilità sotto la guida Pozzo; dall’altro affidarsi a una visione ancora tutta da verificare nel nostro contesto. Walter è certamente un investitore di lungo termine, ma ciò che ha funzionato con i Dodgers o con il Chelsea non è detto che possa replicarsi a Udine. Il calcio europeo, e quello italiano in particolare, non è la MLB.
Serve quindi equilibrio. Accogliere i capitali esteri può essere una risorsa, ma solo se accompagnata da una reale comprensione del tessuto sportivo e culturale locale. Il rischio è altrimenti quello di trasformare i club in pedine di strategie più grandi, dove il risultato sportivo diventa secondario rispetto a quello finanziario. Per Udine, città e tifoseria da sempre legate alla propria squadra, il vero salto di qualità sarà mantenere la propria identità anche nel passaggio a una proprietà globale.
In sintesi: se davvero Mark Walter entrerà all’Udinese, il suo arrivo va valutato senza pregiudizi ma anche senza entusiasmi acritici. Perché i fondi, finora, nel calcio italiano hanno promesso molto, ma mantenuto poco.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
