PROMOZIONE - Una sfida che può far crescere tutto il movimento
Diciotto squadre in un solo girone: distanze maggiori, ma anche più visibilità, competitività e crescita tecnica
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La nuova Promozione a girone unico è realtà: 18 squadre distribuite in tutto il Friuli Venezia Giulia, pronte a darsi battaglia per una stagione che, al di là dei chilometri, potrebbe rappresentare un passaggio evolutivo importante per il calcio dilettantistico regionale.
Sì, le distanze ci sono. Ma nel calcio – come nella vita – ogni cambiamento va valutato anche per ciò che può portare, non solo per ciò che modifica. Un girone unico significa più confronto, più stimoli, più competitività. Non è un caso se in molti già parlano di “Eccellenza 2”.
Qualità tecnica, visibilità e stimoli per tutti
Affrontare squadre geograficamente più lontane implica uscire dalla propria comfort zone. Per i giocatori, specialmente i più giovani, può diventare un valido banco di prova. Per gli allenatori, un’occasione per misurarsi contro realtà diverse, obbligando a variare strategie e gestione.
Anche i club saranno chiamati a migliorare sotto il profilo organizzativo e comunicativo. Una Promozione a girone unico favorisce il racconto dell’intero campionato, con classifiche più leggibili, scontri diretti più “pesanti” e un maggior interesse mediatico. Questo significa più attenzione per tutti, sponsor compresi.
Tifosi: meno comodità, ma più avventura
Chi ama il calcio dilettanti sa che seguire la squadra del cuore non è solo comodità e chioschi sotto casa. È anche scoperta, viaggio, passione. Certo, chi da Trieste dovrà andare a Maniago (e viceversa) dovrà affrontare 159 km. Ma anche nella tanto amata Serie D, queste distanze sono la normalità. E poi, diciamolo: una trasferta lontana può trasformarsi in un sabato diverso, una domenica speciale.
Un’opportunità per il movimento
La domanda vera da porsi è: cosa vogliamo dal nostro calcio dilettantistico? Se vogliamo crescere, attirare giovani, creare competitività e stimoli veri, allora ben venga un girone unico, almeno come esperimento. Se, invece, vogliamo restare fermi a un’idea di calcio “paesano” che si chiude in sé stesso, allora ogni cambiamento sarà sempre visto come un problema.
Il tempo dirà se questa è stata la strada giusta, ma una cosa è certa: l’equilibrio si trova provando, non evitando.
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