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Edizione provinciale di Udine


UDINE - Cussignacco spia del malessere. La scelta dolorosa dei Rangers

Petriccione: "Anche noi abbiamo pensato di rinunciare alla prima squadra. Invece, non potremo più accogliere i ragazzi di chi non può pagare la quota annuale". Nessuna formazione cittadina dalla Prima in su: bisogna riaprire il cantiere del consorzio. Il caso Warriors

La rinuncia del Cussignacco a proporre la prima squadra rappresenta la spia del profondo malessere del calcio udinese e di una crisi che arriva da lontano e della quale non si intravvede la conclusione. A Udine nessuna realtà milita dalla Prima categoria in su, se si esclude la Fulgor, che però fa storia a sé, anche perché rappresenta una realtà più di paese come Godia.
Ancona e Donatello hanno le loro difficoltà e si concentrano sul settore giovanile, puntando sulla qualità. I restanti sodalizi navigano pure tra Seconda e Terza, nonostante fusioni e tentativi che non decollano. Resta d'attualità il nodo dell'impiantistica, le nuove leve dirigenziali faticano ad emergere, l'imprenditoria è assente, le sponsorizzazioni sono ridotte all'osso, quelli che potrebbe avvicinarsi al calcio e investire se ne guardano bene o non sono per nulla interessati. L'Udinese è qualcosa di distante, mentre continuano a rincorrersi le voci di un possibile passaggio del club bianconero dalla famiglia Pozzo a mister Red Bull.
Udine come Palmanova e Cividale? L'aria che tira è quella, la fiamma se non è spenta, non brucia, non riscalda e non zampilla, Trieste e Pordenone appaiono in confronto molto più vitali, l'accostamento a Gorizia non è così forzato.
Probabilmente non basta più curare con generosità e passione il proprio orticello; probabilmente c'è bisogno di smuovere le acque, mettere sul piatto qualche iniziativa, magari rispolverare l'idea del consorzio, unendo forze ed energie, imboccando una strada non agevole ma obbligata.
Chi può ben capire la scelta del Cussignacco è Alessandro Petriccione, una delle colonne dei Rangers. Anche il club rossonero ha ipotizzato di rinunciare alla formazione seniores, ma alla fine s'è comunque iscritto al campionato di Seconda categoria: "Il sottoscritto aveva un'idea diversa, coincidente con quella del presidente del Cussignacco, Danilo Grossi. Tra noi si discute, poi però remiamo tutti nella stessa direzione". Ha avuto un peso decisivo nella volontà dei Rangers di non privarsi della prima squadra il fatto che la stessa sia formata per gran parte dai giovani del vivaio: in sostanza, la formazione seniores vive in simbiosi con il settore giovanile, ne è lo sbocco naturale, il prolungamento, fa parte dello stesso organismo.
Anche i Rangers vivono tempi difficili, in particolare dal punto di vista economico: "In questi anni ci siamo dedicati in via prioritaria agli aspetti sociali dell'attività, accogliendo anche quei bambini e ragazzi i cui genitori non potevano permettersi di pagare la quota annua di iscrizione. Da quest'estate abbiamo dovuto decidere di non regalare più il sogno del calcio a chi non può permettersi di affrontare tale spesa, rinunciando quindi a 60-70 tesserati se non di più. Non le dico quanto ci è costato dal punto di vista umano dover compiere una scelta del genere...".
Le parole di Petriccione bruciano, fanno male, e riportano sotto i riflettori l'opera ammirevole e meritoria a livello sociale e di integrazione di tanti club ben rappresentati da quello rossonero. Questi uomini meriterebbero medaglie, gratitudine, sostegno; invece, la musica suonata a vari livelli (politici, amministrativi, federali...) è sostanzialmente diversa.  
Che dalla comunità civile nessuno abbia sentito o senta il bisogno di mettersi in gioco, anche economicamente, per aiutare realtà e persone del genere è constatazione doppiamente amara. Questo stato di cose va affrontato, preso di petto, cercando di trovare una via di uscita, magari prendendo spunto dalla storia singolare di una realtà come quella dei Warriors, che partendo dal calcio amatoriale si è allargata al settore giovanile e, chissà, magari un domani troveràa livello di prima squadra la sua consacrazione. Laipacco però non è Udine, nè purtroppo Cussignacco.

Alessandro Maganza 

 

 

 

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  Scritto da La Redazione il 26/07/2016
 

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