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Edizione provinciale di Udine


IL RITORNO - Zico: "Di Natale il più grande"

Un ora e un quarto di conferenza stampa che avremmo voluto non finisse mai… Con il “Galinho” a fare professione di modestia: “Totò è stato il migliore della storia dell’Udinese. Ma che accoglienza al mio arrivo! Accettai il Friuli per provare a vincere lo scudetto, però mancava la struttura societaria. Oggi il calcio è cambiato: prima vengono tattica e schemi, poi la tecnica. E non so se adesso, con il fisico, che avevo, riuscirei a superare un provino…Assurdo il Mondiale a 48 squadre”

Un’ora e un quarto di parole in libertà, senza filtri né sconti. Quasi un salotto tra vecchi amici, ricordando il biennio (1983 - 1985)  durante il quale Udine e l’Udinese sognarono di frequentare il salotto buono del calcio italiano, con finestra sull’Europa. Non andò esattamente cosi, per timbrare il primo passaporto continentale abbiamo dovuto attendere altri 12 anni, ma la magìa – seppur incompleta - di quei due campionati resta viva nella memoria di chi l’ha vissuta. Da addetto ai lavori, da spettatore, da sportivo contaminato da tanta, travolgente passione. Ed eccolo, il profeta di quel tempo, Artur Antunes Coimbra, in arte Zico, il 10 dei grandi sulla maglia, il talento nei piedi, tornare a casa. Un pochino appesantito, neve nei capelli, ospitato dalla sala stampa, del “Friuli / Dacia Arena”, con il presidente dell’Udinese Franco Soldati (paron Pozzo, non era forse il caso di farsi vedere?, ndr) e quello del club di Orsaria - a lui dedicato - Alessandro Scarbolo, a fare gli onori di casa, Zico ha shakerato emozioni, verità e ricordi, parlato a ruota libera di tutto lo scibile calcistico.

“E’ un piacere tornare a Udine, provo felicità e gioia per aver trascorso due anni assieme a questa gente – ha esordito il campione brasiliano - dicevano che era fredda e non calorosa, ma ho trovato una cosa diversa. Ho passato momenti belli e sono contento di stare qua ancora una volta. Da lontano vedo quando è possibile la squadra, diventata una delle mie tre preferite, che sono poi quelle nelle quali ho giocato e rappresentano i posti dove mi sono trovato bene con la famiglia: Flamengo, Kashima e, appunto, Udinese.”

Il ricordo più bello della parentesi friulana?
“Il momento della presentazione in piazza (15 giugno 1983, ndr): non mi aspettavo tutta quella gente. Quell’accoglienza aumentò le mie responsabilità di dare ai tifosi gioia e allegria”

E’ vero che le avevano promesso lo scudetto ?
“Arrivavo da una squadra abituata a vincerlo. E la mia mentalità è sempre stata questa. Non importava se in Italia, Germania o Inghilterra: volevo giocare in un club che, magari, non era conosciuto nel mondo, ma che intendeva diventare grande. Ricordo che, dopo l’ amichevole estiva vinta contro il Real Madrid, nello spogliatoio un compagno, quasi preoccupato, mi disse: adesso la gente ci chiederà di vincere lo scudetto. Gli risposi: se non è quello il tuo obbiettivo, che cosa ci stai a fare qui? Io ero venuto qui per vincere, non solo per far divertire la gente”

Cosa è mancato, allora, a quella squadra ?
“Nel girone di ritorno abbiamo avuto problemi di relazione con il presidente, poi fu organizzata un’ amichevole che non si doveva fare a Brescia. E io, se vado in campo, ho rispetto per i tifosi: cosi giocai, mi strappai e rimasi fuori per 5 - 6 gare. Quel momento è stato determinante: e anche l’addio prematuro di Dal Cin, che non andava d’accordo con Mazza, contò.”

Difetti di struttura, più che carenze tecniche, quindi.
“Ci allenavamo in un impianto vecchio, non potevamo far nemmeno fare la doccia con calma. Dovevamo noi portare la borsa, pensare alle trasferte, al pullman, non esisteva l’organizzazione attuale. Abbiamo comunque fatto bene perché, nell’ultima gara contro il Milan, potevamo entrare in Coppa Uefa…Io però mi feci male subito, Edinho non giocò e non avevamo una rosa all’altezza. E se mancavano due o tre elementi in una gara, tutto diventava più difficile”

E poi c’erano comunque le grandi a dettare legge.
“Vero. Abbiamo sofferto anche la cosiddetta sudditanza psicologica. Se c’era un decisione dubbia, andava sempre in quel senso…Gli scudetti non si vincono solo in campo, ma anche fuori.”

Ma come mai scelse la piccola, “insignificante” Udine?
“Già nel 1980 il Milan provò a prendermi, ma il mio presidente non volle. Prima di Dal Cin parlai con Edinho e, nel 1981, avevo già conosciuto la città in occasione di quell’amichevole per i terremotati. Una vera e propria avventura perché, un’ora prima dell’imbarco, non volevano farci uscire dal Brasile. Poi, però, venne un giudice a darci il permesso. Segnai il mio primo gol qui. Intanto, con il Flamengo, avrei dovuto rinnovare il contratto scadenza il 31 maggio 1983. A quella data sarebbero stati 10 anni e 32 totali di permanenza: il limite per poter andare all’estero. Dal Cin lo sapeva, si fece avanti e il presidente mi lasciò andare”

Regali emozioni perenni al popolo friulano, pur senza aver vinto niente…
“La storia del calcio non è fatta solo di successi. Serve rispetto per la squadra, i tifosi, la gente: basta questo a farmi contento. Quando andavo in campo cercavo di fare sempre il mio meglio: la gente lo apprezzava perchè guardava non solo le azioni, ma anche il modo di gestire la carriera. Ora Udine è diventata un'altra città, l’Udinese un altro club. In diversi paesi ho trovato tanta gente friulana orgogliosa di affermare che viene da Udine, dove dove ha giocato Zico: questo mi fa molto, molto, molto piacere”

Allo stadio c’è ancora lo striscione del club a lei intitolato. Dopo, però, è venuto un certo Di Natale…
“Sarebbe un piacere rivederlo, abbiamo anche giocato assieme per beneficienza. Lui è stato il migliore della storia dell’Udinese per quello che ha fatto. Un grande campione: meritava uno scudetto.”

A proposito di icone: domani compie 50 anni un certo Roberto Baggio.
“Sono sempre stato un suo grande fan suo e mi ha divertito quando nel 1990, in occasione dei mondiali italiani, lavoravo per una tv brasiliana: poi ha fatto grandi cose anche nel 1994.  Peccato non averci mai giocato insieme: l’ho invitato più volte alla “partita delle stelle” ma lui non gioca più. All’addio di Baresi, poi, indosso la maglia del Milan…”

Chi è l’erede di Zico ? Forse Neymar?
“Con Messi e Cristiano Ronaldo è, attualmente, uno dei tre migliori. Ma non mi piace parlare di eredi: lui è Neymar e sta in un bel momento”

Il campionato italiano ?
“Ho visto le ultime due partite dell’Udinese contro Roma e Inter: ha sbagliato troppe occasioni, ma giocato bene. Il movimento italiano in generale è calato un poco, l’ultima formazione che ha fatto bene è stata la Juventus. Ho visto la finale di Berlino poteva anche vincere, ma il Barcellona, in quel periodo, segnava ad ogni opportunità. Adesso i grandi campioni sono quasi tutti all’estero: il torneo è forse il terzo – quarto del mondo.”

Che calcio è, invece, quello del terzo millennio?
“Non vivo di nostalgia e non piace fare paragoni. Però è tutto diverso: prima emergeva la tecnica, adesso prevalgono gli schemi. Si pensa prima a non subire gol, poi a farne. Ai miei tempi quelli era lo scopo. E adesso, per un giovane, è importante essere fisicamente forte, non se sai giocare il pallone. Credo che il “Galinho” difficilmente avrebbe passato i provini…”

Il futuro di Zico?
“Se arriva l’opportunità di allenare, ma fuori dal Brasile, sono pronto. Comunque sono già felice con la famiglia: non è cosi male stare a casa e coltivare un lavoro tranquillo in tv, come commentatore della Champions, o fare un viaggio come quello che sto facendo a Udine”

Il calcio è pronto ad accogliere nuove realtà ? Soprattutto quelle che stanno investendo fior di capitali?
“In India credo ci vorrà tempo per alzare il livello. In Giappone, invece, è stato fatto un bel lavoro: il Real Madrid, per vincere il mondiale per club, ha avuto bisogno di un aiutino arbitrale... In Cina portano giocatori di livello, ma non vedo emergere giocatori. Gli africani? Con con un pò di disciplina avrebbero già potuto vincere un Mondiale: invece giocano soltanto per divertirsi”

A proposito: tre edizioni disputate e mai alzata quella “maledetta” Coppa.
“Credo di essere l’unico ad aver partecipato tre volte e non essere mai arrivato in fondo, pur perdendo una sola partita. Quella con l’Italia nel 1982…”

Nel 2022, in Qatar, ci sarà spazio per 48 squadre.
“Assurdo, già 32 sono troppe. Ma evidentemente, gli interessi legati alla televisioni sono grandi…”

Maradona alla Fifa?
“Non sapevo, ma se Infantino ci ha pensato, va bene. Ha giocato, allenato e fatto il dirigente: potrà essere utile”

I brasiliani dell’Udinese?
“Conosco Danilo e Samir: quest’ultimo calcia pure bene le punizioni. Riguardo al passato, mi aspettavo molto di più da Maicosuel, talento in odore di nazionale. Poi ha avuto problemi, tra i quali quel rigore fallito in Champions, proprio qui a Udine”

Un messaggio per i giovani calciatori?
“Avere una grande passione, pensare innanzitutto a divertirsi, tenere sempre il pallone in mano”

Zico, se chiamasse l’ Udinese per affidarle la panchina, come si comporterebbe?
“Bene, bene…(e sorride, ndr)”

Roberto Zanitti

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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  Scritto da La Redazione il 17/02/2017
 

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