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Edizione provinciale di Udine


PRO FAGAGNA - Fabbro: non ci sono le condizioni per ripartire

Il direttore sportivo rossonero vuole maggiore tutela per società ed atleti: "Non si possono lasciare le società allo sbando e farle ripartire senza introiti in situazioni del genere. Bisogna ricordarsi che i nostri giocatori sono lavoratori, studenti, figli e nipoti e non si può forzare troppo la mano. Il calcio è importantissimo, ma non deve avere la priorità su tutto il resto"

La Pro Fagagna manifesta la propria posizione avversa alla ripartenza del campionato di Eccellenza. Abbiamo ascoltato a tal proposito il direttore sportivo, Stefano Fabbro, che ci ha spiegato i motivi che portano i rossoneri a non voler ripartire in queste condizioni di insicurezza ed ansia sanitaria: "Ci sono regioni in cui probabilmente ci sono altri tipi di interessi economici ed anche i giocatori hanno votato di voler continuare, come ci sono regioni in cui avranno altri motivi per voler ricominciare. A me questo interessa poco, io guardo la realtà della nostra regione e conosco i ragazzi non solo della mia squadra ma anche di tante altre società: al di là della voglia di voler ricominciare di cui parlano, posso assicurare che la realtà è profondamente diversa. Bisogna considerare che di fronte ad una situazione come quella attuale, dove l'emergenza sanitaria non è risolta ed anzi tornano anche ad aumentare i casi a causa delle varianti, non si può pensare di poter iniziare il campionato di Eccellenza. Non vedo neanche tutta questa necessità e se dovesse esserci perchè strettamente collegati alla Serie D, allora che decidessero chi far salire per meriti sportivi, ma non si possono prendere decisioni del genere".

RISCHI - "I ragazzi di Eccellenza non sono diversi dai ragazzi di Promozioni, Prima, Seconda o Terza Categoria. Diversi hanno problemi a casa, con genitori e parenti anziani che non possono essere messi di fronte ad un rischio del genere, poi bisogna ricordare che è gente che lavora: conosco un paio ragazzi che a causa della positività al Covid sono stati licenziati. Gente che lavora ed ha ruoli di responsabilità non può permettersi di prendere un permesso ogni venerdì per andare ad effettuare il tampone e le società non possono essere messe nelle condizioni di obbligarli".

DILETTANTISMO - "Siamo un campionato dilettantistico per una ragione. Non possiamo lasciare in mano a dirigenti volontari responsabilità troppo gravose come la sanificazione dei locali o altre situazioni del genere, come non possiamo lasciare società allo sbando e senza introiti. Ho sentito che i presidenti vogliono ripartire con pubblico e chioschi aperti, ma nessuno può dare la garanzia che ad aprile ciò si potrà fare. Sono responsabilità che competono al Governo e che sicuramente non daranno permessi del genere in un periodo così breve, in quel caso non si potrà ripartire comunque. Secondo me l'unica cosa da fare è annullare tutto oppure riprendere a settembre, sperando che finalmente le dosi di vaccini siano significative".

CONCLUSIONI - "Vedo troppa superficialità e poco rispetto degli atleti, che non sono stati neanche ascoltati. Consiglio all'AIC di rivendicare i propri diritti e di farsi sentire. Sarei il primo a voler tornare alla vita normale, ma in questa fase critica sia economica che sanitaria, bisogna ricordarsi che i ragazzi che alleniamo sono lavoratori, studenti, figli e nipoti, non si può forzare la mano. Il calcio è importantissimo, ma non può essere prioritario rispetto a tutto il resto".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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  Scritto da La Redazione il 26/02/2021
 

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