C'è un precedente che non favorisce la Manzanese - insieme alla tempistica non certo felice - nella sua richiesta di ripartire, dopo aver espresso la volontà di rinunciare alla serie D, dall'Eccellenza. Ed è quello, analogo, in cui si trovò coinvolta l'Ufm nell'estate del 2016. Il club di Monfalcone, guidato da tre dirigenti appassionati e validi come Brugnolo, Lugli e Visintin, strappata con i denti la salvezza in serie D con una seconda parte di campionato memorabile quanto impegnativa, decise ad inizio luglio di quell'anno di non iscriversi in quarta serie, valutando troppo gravoso dal punto di vista economico l'impegno che, protratto nel tempo, ne sarebbe derivato, e tenendo conto della mancanza di sostegni ricevuti dal territorio. 
L'Ufm ambiva a ripartire dall'Eccellenza, oltre che proseguire nell'impegno a livello giovanile, ma venne penalizzata in maniera micidiale: gli azzurri, infatti, furono spediti in Terza categoria, con tanto di svincolo d'autorità dei calciatori di proprietà. Parliamo di ben 63 tesserati, un patrimonio per nulla trascurabile. Si badi bene che l'Ufm ha mantenuto la stessa matricola d'affiliazione, e non aveva - quando si consumò la vicenda - debiti verso fornitori e tesserati. L'unica pendenza, poi regolarmente sanata, era un contenzioso fiscale.
Ben diverse sono le situazioni in cui sono incorse altre società regionali come, ad esempio, Triestina e Itala San Marco: purtroppo la Figc in passato ha di fatto scelto con i suoi regolamenti di agevolare chi, arrivato tra i professionisti, falliva, per poi ricomparire - versando quanto stabilito come contributo straordinario e assumendo una nuova identità societaria - dall'Eccellenza. Non il massimo indubbiamente per stimolare i comportamenti virtuosi e le scelte responsabili.

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